Parte 8 - Le differenze di genere: i bulli e le bulle!
- Francesca Piana
- 6 feb 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Nella giornata dedicata alla diversità e all'inclusione non potevo tirarmi indietro.
simbolo di questo giorno diventa il personaggio di Elmer - L'elefante variopinto.

Storicamente nella letteratura sul comportamento aggressivo, si è abitualmente fatto riferimento a modalità maschili di aggressività per una serie di ragioni. Innanzitutto perché a livello metodologico nelle ricerche osservative le manifestazioni aggressive di tipo fisico sono più facilmente distinguibili e quindi rilevabili, questo ha portato per molto tempo a trascurare l’importanza delle espressioni aggressive alternative a quella fisiche. Salmivalli et al. (1996) evidenziano difficoltà analoghe sorte nella costruzione di item nei questionari sociometrici che tendenzialmente descrivono comportamenti aggressivi di tipo diretto, fisico o verbale, abbassando la percentuale di ragazze coinvolte.
Bjorkqvist (1994) e il suo gruppo di ricerca hanno dimostrato come l’aggressività sia trasversale ai generi e appartenga alle ragazze quanto ai ragazzi indagando le tipologie indirette e manipolative che preadolescenti e adolescenti perpetrino violenza sulle coetanee. Solitamente più deboli fisicamente dei maschi, le femmine sviluppano strategie alternative, ma parallele, per ottenere risultati affini. Menesini (2000) spiega come fra gli adulti l’aggressione fisica rappresenti l’eccezione e non la regola, così, una volta acquisite le competenze sociali necessarie si può assistere all’affinarsi di strategie aggressive. La distinzione tra aggressività diretta e indiretta può costituire un elemento differenziale tra bullismo al maschile e quello al femminile.
Kohlberg, a cui si devono grandi contributi alla tipizzazione sessuale, ha constatato come, fin dalla prima infanzia, i bambini riescano ad identificare alcune caratteristiche fisiche come simili a sé stessi e/o alle persone familiari, iniziando, così, ad organizzare categorie mentali con le quali orientarsi nella distinzione maschio/femmina. Sono anche in grado, molto precocemente, la propria identità sessuale e a discernere i comportamenti appropriati e socialmente attesi per ciascuno dei due ruoli (Di Blasio e Camaioni, 2002).
Diversi autori hanno esposto interessanti riflessioni circa il significato e l’espressione di comportamenti aggressivi nelle differenze di genere. Se da un lato i maschi si servono delle relazioni interpersonali per migliorare la propria posizione sociale, tendendo inoltre a creare un maggior numero di relazioni casuali, dall’altro le femmine invece propendono a considerarle uno strumento per incrementare il livello di prossimità e intimità con gli altri, formando un numero inferiore di amicizie più forti e più profonde. Per questa ragione maschi e femmine scelgono strade diverse nell’infliggere danno ai compagni, il genere maschile, quindi, è più propenso a modalità dirette, mentre quello femminile assume forme più verbali e relazionali, attraverso la rottura di legami sociale e amicizie (Crick e Grotpeter, 1995; Lazzarin, 2004).
Soffermandosi su alcune considerazioni avanzate da Maria Grazia Lazzarin (2004) si può esprimere la possibile funzione delle rappresentazioni culturali legate all’identità di genere, in particolar modo, dell’immaginario maschile centrato sulla forza fisica, la sicurezza e l’affermazione di sé, il desiderio di controllo, contrapposto a quello femminile contraddistinto, viceversa, da disponibilità, altruismo e autotacitazione. Risulta chiaro come immagini stereotipiche relative all’identità di genere abbiamo un ruolo sostanzioso nella scelta delle espressioni manifeste della rabbia più adatta al ruolo di appartenenza.


Bibliografia
Bandura, A. (1973). Aggression: a social learnig analysis. Prendice Hall, Englewood Cliffs;
Crick, N. R. e Grotpeter, J. K. (1995). Relational aggression, gender and social-psychological adjustment. Child develpment. 66, 710-722;
Di Blasio, P., Camaioni, L. (2002). Psicologia dello sviluppo. Il Mulino, Bologna;
Salmivalli, C., Lagerspetz, K., Bjorkqvist, K., Osterman, K. e Kaukiainen, A. (1996). Bullying as a group process: partecipant roles and their relations to social status within the group, Aggressive Behavior. 22, 1-5:
Lazzarin, M. G. (2004). Maschile e femminile nel fenomeno del bullismo. In M. G. Lazzarin e E. Zambianchi (a cura di), Pratiche didattiche per prevenire il bullismo a scuola. FrancoAngeli , Editore Milano
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