Parte 9 - Oltre ai bulli, siamo tutti coinvolti.
- Francesca Piana
- 26 feb 2021
- Tempo di lettura: 4 min
1. Le vittime: vittima passiva o vittima aggressiva?
Le vittime Il ruolo della vittima è spesso passato in secondo piano rispetto a quello del bullo, ma è importante approfondirne le caratteristiche perché, come sottolinea Olweus (1996), oltre ad essere parte lesa, sarebbero alcune peculiarità di debolezza, soprattutto psicologica, a contribuire all’essere intrappolati in queste dinamiche di squilibrio. In letteratura le vittime sono suddivise in due sottocategorie: la vittima passiva/sottomessa e la vittima aggressiva/provocatrice.
Le vittime passive/sottomesse sono soggetti deboli, generalmente isolati e incapaci di difendersi, ad ogni modo non ricorrono a reazioni di tipo aggressivo. Mostrano spesso tratti d’ansia e si dimostrano insicuri, Olweus (1996) classifica queste vittime come caratterizzate da un “modello reattivo ansioso o sottomesso”, proprio perché significativamente più ansiosi, impacciati, socialmente inibiti e introversi. La vittima ha uno scarso senso di autoefficacia perché ha qualche difficoltà o, più facilmente, il disagio che vive si ripercuote nel rendimento scolastico. Solitamente sono poco abili nelle attività sportive e di gioco. Introversi, non si confidano con nessuno delle sofferenze e dei torti subiti e tendendo ad autocolpevolizzarsi. Da numerosi studi emerge l’importanza del contesto familiare nel quale crescono le vittime, che risulta caratterizzato da alti livelli di coesione e iperprotezione e presentano legami di stretta interdipendenza tra i membri del nucleo, che ostacola lo sviluppo di una sufficiente autonomia nel bambino. Un ambiente protettivo e rassicurante dal un lato, ma distinto da ansia e paura rivolta al mondo esterno. Per quanto riguarda gli stili di attaccamento sono risultate relazioni di “attaccamento insicuro-resistente”, nelle quali il bambino si pensa responsabile dell’instaurarsi di un legame inadeguato con i genitori e, conseguentemente, sviluppa un senso di inadeguatezza, perdendo la stima di sé e delle sue capacità, da cui derivano espressioni di stati ansiosi e di insicurezza e una negativa opinione di sé, precludendosi l’affermarsi nel gruppo e rimanendo in una condizione di isolamento ed esclusione (Gini, 2005).
La vittima provocatrice o vittima aggressiva, invece, contrattacca le azioni aggressive, anche se in maniera poco efficace. Si tratta di un soggetto che subisce e agisce le prepotenze. La prevalenza di questa tipologia è bassa, tra il 2 e il 10%, e si tratta in genere di un maschio, irrequieto e iperattivo a volte goffo e immaturo. Assume comportamenti e atteggiamenti provocatori e di disturbo, che causano tensione nei compagni, e a volte anche negli adulti, provocando delle reazioni negative a proprio danno. Sovente si tratta di bambini fortemente emotivi, irrequieti e irascibili, con difficoltà nella regolazione delle emozioni e di un basso livello di arousal. Talvolta vengono descritti come “bulli inefficaci” in quanto non riescono a mantenere il potere di uno status più elevato, ma similmente ai bulli gestiscono in modo aggressivo e conflittuale le relazioni instaurate, entrando in un circolo vizioso di incomprensione e di conflittualità sia con i pari sia con gli adulti di riferimento. In riferimento al genere femminile, questa forma di vittimizzazione risulta essere frutto dell’uso di strategie di coping aggressive nei conflitti madre-figlia, dove la madre è percepita e vissuta come figura rifiutante.
2. Gli esterni (outsiders)
Come già emerso nel corso di questi post solitamente quando si pensa al bullismo ci si riferisce soltanto a due tipi di soggetti coinvolti: i bulli e le vittime. In realtà esiste una terza categoria: gli esterni, che hanno un ruolo molto più attivo di quanto sia facile credere, considerando l’influenza che possono esercitare sui compagni attraverso la loro sola presenza. Seppur occupando una posizione non direttamente implicata occupano e giocano un ruolo determinante per lo sviluppo di queste dinamiche. Si tratta di bambini e ragazzi che assistono alle prevaricazioni o ne sono a conoscenza e che con il loro comportamento possono favorire o frenare il dilagare del fenomeno. Possono optare per la via dell’indifferenza, considerandosi semplici spettatori, osservatori passivi che, tuttavia, tacitamente acconsentono e spalleggiano le prepotenze di cui sono testimoni. Esistono diverse spiegazioni che interpretano la decisione di non intervenire. L’effetto spettatore è riconducibile al fenomeno di diffusione di responsabilità, per cui la probabilità che chi osserva una situazione emergenziale intervenga sia inversamente proporzionale alla dimensione del numero degli astanti. Una seconda motivazione riguarda l’autoprotezione, attraverso il tacito assenso lo spettatore ritiene di ridurre il rischio di divenire la prossima vittima. Un’ulteriore interpretazione mette in campo la propensione a migliorare, o quanto meno mantenere, il proprio status sociale: intromettersi prestando soccorso potrebbe portare il gruppo ad abbassare la considerazione del proprio status associandolo a quello della vittima. Alcuni autori ritengono che chi gode di uno status più elevato sia più propenso ad intervenire, poiché nonostante l’interporsi sia un comportamento rischioso per la propria posizione sociale, abbia una minore possibilità di diventare vittima a sua volta (cit. in Gini, 2012 - Juvonen, J. e Galván, A. - 2008). Un altro risultato interessante emerso dallo studio di Pozzoli, Vieno e Gini (2010) evidenzia che le norme ingiuntive da parte dei pari dirette alla difesa della vittima da parte dei pari sono positivamente collegate al comportamento di difesa individuale e negativamente all’atto di osservazione passiva - Le norme ingiuntive fanno riferimento alle aspettative che nutrono gli altri rispetto al comportamento individuale; vengono denominate descrittive, invece, le norme che descrivono la frequenza con la quale si manifesta un determinato comportamento in uno specifico gruppo -.

Bibliografia
Olweus D. (1996), Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Firenze, Giunti
Gini, G. (2005). Il Bullismo. Le regole della prepotenza tra caratteristiche individuali e potere nel gruppo. Edizioni Carlo Amore, Roma. .
Pozzoli, T., Vieno, A., Gini, G. (2010). Il ruolo delle norme ingiuntive e descrittive di classe sul comportamento individuale di difesa e osservazione passiva. Un’analisi multilivello, in M. Camodeca, G. Gini (a cura di). Spettatori, seguaci e difensori nel bullismo. Caratteristiche personali e influenza del contesto. Relazione presentata al XXIII Congresso nazionale AIP della sezione di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione (Bressanone, 26-28 settembre).
Juvonen, J. e Galván, A. (2008). Peer influence in involuntary social groups: lossons from research on bullying. In M. Prinstein, K. Dodge (eds.). Peer influence processes among youth. Guilford Press, New York, pp. 225-44.
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