Parte 4 - La situazione in Europa e in Italia
- Francesca Piana
- 17 nov 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 7 feb
In Europa
Verso la fine degli anni Sessanta in Svezia, e successivamente negli altri Paesi scandinavi, l’opinione pubblica ha iniziato a prendere in considerazione i problemi relativi al fenomeno del bullismo. Nel panorama scientifico gli studi sul bullismo hanno avuto inizio ad opera di Dan Olweus, professore di psicologia all’Università di Bergen, ma il tema non ha destato direttamente interesse presso le autorità scolastiche fino ad epoca recente, quando nel 1982, un giornale norvegese pubblicò tra i fatti di cronaca il suicidio di tre ragazzi norvegesi, di età compresa tra i dieci e i quattordici anni, a seguito di una gravi episodi di prevaricazione perpetrata nei loro confronti da un gruppo di coetanei. La notizia ebbe una tale risonanza che, sotto la pressione dell’opinione pubblica, il Ministero della Pubblica Istruzione nell’autunno del 1983 avviò una campagna nazionale contro il bullismo nelle scuole elementari e medie del Paese. Sull’onda delle ricerche svolte da Olweus in altri 12 Paesi, fra cui l’Inghilterra, la Finlandia, l’Irlanda, il Giappone, l’Italia e persino l’Australia, sono iniziati degli studi sul fenomeno con l’intenzione di far luce sulle dimensioni e le origini del problema, approfondirne e metterne in evidenza la complessità, per poter individuare strategie efficaci al contenimento del fenomeno.
Nel 2008 in Norvegia, un sondaggio nazionale ha palesato che circa il 18% della popolazione delle scuole elementari e medie è stato implicato in episodi di bullismo, secondo diversi gradi di coinvolgimento e di ruoli. Portando all’evidenza il rischio, per 1 studente su 7, di essere invischiato nelle dinamiche. I risultati riportano che il 9% gli studenti apparteneva al gruppo delle vittime, il 7% rientrava nella categoria dei bulli, l’1,6% ad una tipologia mista, che prevede contemporaneamente l’assunzione di entrambi i ruoli. Anche altri Paesi europei presero in considerazione la problematicità
e la delicatezza del fenomeno e cominciarono a promuovere ricerche analoghe a quella norvegese. L’Italia è il paese dove questo fenomeno desta la maggior preoccupazione tra gli studenti, col 41% di risposte positive. Segue l’Inghilterra con una percentuale intorno al 39%, quando in Spagna è solamente del 2% contro il 6% e 9% di Olanda e Belgio. In Portogallo, infine, solo il 3% degli studenti ne è colpito, ma ben il 28% lo ritiene un problema nella propria scuola.
La situazione italiana
Agli inizi degli anni Ottanta anche i ricercatori italiani iniziarono ad interessarsi al fenomeno. Soprattutto quando, nel 1983, a cura di Gian Vittorio Caprara è stato tradotto il primo libro di Olweus con il titolo L’aggressività nella scuola. Verso la fine degli anni Novanta venne pubblicato il testo Il bullismo in Italia (Fonzi, 1997), con i dati emersi dalle prime ricerche condotte dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Firenze: lo studio, condotto in sette regioni italiane con un campione di circa 7000 studenti di scuola elementare e scuole medie, ancora rappresenta un punto di riferimento a livello nazionale. Emerse che in media il 38% dei bambini intervistati nelle scuole elementari e il 22% nelle scuole medie denuncia o ha denunciato di subire le prepotenze. I comportamenti agiti avevano un’incidenza è del 27% nella scuola elementare e del 20% circa nella scuola media. Studi condotti successivamente e con strumenti diversi rimangono coerenti nel riportare livelli elevati di bullismo e vittimizzazione sin dalla scuola elementare. Resi noti i risultati, la stampa si è subito impadronita della notizia. Alcuni giornalisti hanno addirittura parlato di “ricerca shock”. Da allora le ricerche sul fenomeno hanno iniziato ad estendersi trasversalmente in tutta la penisola ed i risultati ottenuti confermano, se non addirittura aggravano, l’entità del fenomeno rilevato dalla prima indagine condotta da Ada Fonzi. Le pubblicazioni successive, che si ponevano come obiettivo di confrontare il quadro della realtà locale con il dato nazionale, hanno confermato queste percentuali e in alcuni casi l’incidenza del fenomeno è risultata addirittura più elevata (Baldry, 2001; Fonzi, 2001; Caravita, 2004; Marini e Mameli, 1999).
I rapporti Eurispes dal 2003 al 2007, condotti con uno strumento diverso da quello usato in molte ricerche precedenti, presentano valori simili con percentuali di vittimizzazione attorno al 40% e al 28%, rispettivamente alle elementari e alle medie, e valori corrispondenti di bullismo agito del 20% e 15% (Menesini et al., 2007).
Nel complesso, studi condotti in periodi diversi e con strumenti diversi sono coerenti nel riportare livelli elevati di bullismo e vittimizzazione sin dalla scuola elementare.
Un altro problema che si pone nella stima del fenomeno è legato alla soglia di quantificazione che può, in parte, dar conto della gravità dei problemi. In una vasta ricerca condotta su un campione di 1300 studenti di 14-17 anni, seguiti longitudinalmente per 3 anni consecutivi (Progetto Lucca LOngitudinal Study of Aggression – LU.LO.S.A.; Menesini e Nocentini, 2008), è emerso che il fenomeno si attesta su valori compresi tra il 5% e il 25%, a seconda della soglia di riferimento (ripetuta o episodica). Da questi dati si nota come la fetta maggiore di comportamenti sia costituita da quelli episodici superiori al 10-15%, mentre la fetta dei fenomeni più gravi e ripetuti si attesta su valori inferiori al 10%.
Credo sia importante mantenere focalizzata l’attenzione, non soltanto sulla pervasività del fenomeno, ma anche sul coglierne la gravità e la violenza con cui a volte si manifesta, anche se talvolta riguarda una fetta ristretta della popolazione. In secondo luogo, in adolescenza si nota una percentuale più elevata di bulli rispetto alle vittime, come se “fare le prepotenze” a questa età costituisse un valore o, quantomeno, un comportamento da ostentare (Menesini e Giannetti, 1997).

Bibliografia
Menesini, E., & Giannetti, E. (1997). “Il questionario sulle prepotenze per la popolazione italiana: problemi teorici e metodologici”. Il bullismo in Italia, Giunti, Firenze.
Menesini E., Fonzi A., Caprara G.V. (2007). Il bullismo a scuola: vecchie e nuove tipologie. In AA.VV 8°, Rapporto Nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Telefono Azzurro, Eurispes.
Menesini, E.; Nocentini, A. (2008). Il bullismo a scuola. Come prevenirlo, come intervenire. Giunti, Firenze.
Olweus, D. (1983). L’aggressività nella scuola. Bulzoni Editore.
Fonzi A. (1997), Il bullismo in Italia: il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia. Ricerche e prospettive d’intervento. Giunti, Firenze.
Fonzi, A. (2001). Il gioco crudele. Studi e ricerche sui correlati psicologi del bullismo. Giunti, Firenze.
Baldry, A. C. (2001). Bullismo a scuola e comportamenti devianti negli adolescenti: possibili fattori di rischio. Rassegna Italiana di Criminologia, 12, Giuffré, Milano.
Caravita, S. (2004). L’alunno prepotente. Conoscere e contrastare il bullismo nella scuola. La Scuola, Brescia.
Marini, F., Mameli, C. (1999). Il bullismo nelle scuole. Carocci, Roma.
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